giovedì 15 novembre 2018

Dumbo di Tim Burton il trailer ufficiale


venerdì 15 gennaio 2016

Il primo giorno di miniera ad Aberowen

Da "La caduta dei giganti" di Ken Follett



Passarono davanti alla scuola dove avevano studiato fino al giorno precedente: un edificio vittoriano con le finestre a sesto acuto come una chiesa, costruito dalla famiglia Fitzherbert, come il preside non si stancava mai di ripetere. Era sempre il conte a nominare gli insegnanti e a decidere il programma. Sulle pareti spiccavano le raffigurazioni di eroiche vittorie militari; il tema di fondo, infatti, era la grandezza britannica.
Nel corso dell'ultimo anno di lezioni Billy e Tom avevano appreso i rudimenti dell'industria mineraria, mentre le ragazze imparavano a cucire e a cucinare. Billy aveva scoperto con sorpresa che il terreno sotto i suoi piedi era formato da diversi strati, come una pila di fette di pane. Una vena di carbone - espressione che sentiva da quando era nato senza comprenderla appieno- costituiva uno di quegli strati. Gli avevano anche insegnato che il carbone è formato da foglie morte e altri vegetali che si sono accumulati nel corso di migliaia di anni e poi sono stati compressi dal peso della terra sovrastante. Secondo Tommy, il cui padre era ateo, ciò dimostrava che la Bibbia non diceva la verità, mentre il papà di Billy sosteneva che quella era solo un'interpretazione fra tante.
La scuola era vuota a quell'ora, e il cortile della ricreazione deserto. Billy si sentiva orgoglioso di essersela lasciata alle spalle, anche se una parte di lui avrebbe preferito tornarci anziché scendere in miniera.
Mentre si avvicinavano alla torre di estrazione, le strade cominciarono a riempirsi di minatori, ciascuno con la sua gavetta e la borraccia di tè. Erano tutti vestiti con abiti vecchi, che si sarebbero tolti non appena raggiunto il posto di lavoro. Alcune miniere erano fredde, ma quella di Aberowen era caldissima, per cui gli uomini lavoravano con gli scarponi e i soli indumenti intimi, oppure in calzoncini di lino grezze chiamati "braghe". Tutti portavano sempre un berretto imbottito perché era facile battere la testa contro il soffitto delle gallerie, piuttosto basso.
La zona intorno alla bocca del pozzo era disseminata di altre costruzioni, che sembravano li per caso: il magazzino delle lampade, l'ufficio della miniera, la fucina, i depositi. Tra gli edifici serpeggiavano i binari del treno. Nella discarica si vedevano carrelli rotti, vecchi pali spaccati, sacchi per mangime e cumuli di macchinari arrugginiti e caduti in disuso, il tutto ricoperto da uno strato di polvere di carbone...
A scuola aveva imparato tante cose sulle lampade dei minatori. Tra i pericoli in miniera c'era il metano, il gas infiammabile rilasciato dalle vene di carbone. Veniva chiamato "grisù" ed era la causa di tutte le esplosioni sotterranee. Notoriamente nelle miniere del Galles c'era molto gas. La lampada era progettata in modo ingegnoso per evitare che la fiamma incendiasse il grisù. In pratica la fiamma cambiava forma in presenza del gas, diventando più lunga, e questo costituiva un avvertimento perché il grisù è inodore.
Se si spegneva, il minatore non poteva riaccenderla da solo. Nel sottosuolo era infatti proibito avere fiammiferi, e la lampada era chiusa in modo da scoraggiare la violazione della regola.
Bisognava portarla a una stazione di accensione, di solito alla base del pozzo, e ciò che a volte comportava una camminata di un paio di chilometri, ma ne valeva la pena per evitare il rischio di un esplosione sotterranea.
A scuola era stato detto ai ragazzi che quel tipo di lampada dimostrava quanto i padroni della miniera avessero a cuore la sicurezza dei loro dipendenti, ma il papà aveva commentato: " come se per i capi non fosse un vantaggio evitare le esplosioni, l'interruzione del lavoro e i danni alle gallerie".

domenica 1 novembre 2015

Il dottor morte: colpevole di non meno di 200 morti

Da Radio Deejai dal programma Dee Giallo di Carlo Lucarelli





Questa è la storia di un dottore che teoricamente dovrebbe curare le persone , invece fa qualcos'altro, perché questa è la storia del dottor Harold Shipman.
Il dottor Shipman è un giovane medico generico che lavora in un ambulatorio nello Yorkshire, è un bel tipo sempre molto elegante, un membro rispettato di quella piccola comunità della campagna inglese a cui contribuisce con una numerosa famiglia.
Ogni tanto c'è qualche problema il dottor Shipman se ne sta un po' sulle sue, è una persona cordiale ma formale, anche se con i colleghi qualche volta litiga soprattutto quando non sono d'accordo con lui, su una diagnosi, su una cura o sul modo di gestire l'ambulatorio lui gli fa capire che loro sbagliano e lui ha ragione per un semplice motivo, lui è più intelligente di lui e gli altri sono stupidi.
Nonostante la sua arroganza, come medico è bravo anche se ha avuto qualche problema come quelli alla Leeds University, dove dopo essere stato bocciato il primo anno si è messo a studiare come un pazzo e si è laureato a pieni voti.
La signora Shipman ci teneva a vedere suo figlio laureato. Gli Shipman sono una modesta famiglia di operai, la signora Vera ci teneva a certe apparenze, sceglieva con cura anche le amicizie del figlio, ragazzi all'altezza di Harold che è sempre ben vestito ben pettinato un ragazzo modello.
C'è però un di tempo che c'è qualcosa che non va Harold è un po' tempo che è appannato e addirittura qualche volta sviene ai suo colleghi preoccupati dirà che è epilessia, però qualcos'altro non torna la signorina Walker che periodicamente va in ospedale per controllare il registro degli stupefacenti si accorge che da quando c'è il dottor Shipman il consumo di morfina è notevolmente aumentato, tutto regolare registrato da prescrizioni mediche, ma prescritte a persone che la morfina non la prendono.
Il dottor Shipman prima nega, poi ammette si è vero rubava la morfina, quindi prima viene licenziato e poi deve frequentare un corso di riabilitazione per tossicodipendenti, per quello è il dottore un tossico oppure no ?
Il primo incontro con la morfina Shipman, lo ha quando è ancora è il giovane Harold e vive con la madre, con lei ha un rapporto molto stretto. La madre lo ha scelto come il figlio modello, il preferito rispetto agli altri due sceglie per lui le amicizie lo sprona negli studi vuole il massimo da lui.
Poi succede che la signora Vera si ammala , le scoprono un tumore ai polmoni in fase terminale. Con il progredire della malattia Harold diventa un sostegno per la madre appena uscito da scuola torna dalla madre le prepara una tazza di the e si siede a parlare di fianco a lei.
Harold rimane affascinato da come la morfina può alleviare il dolore e restituire una madre ancora presente, alla sua morte lascia un vuoto incolmabile nel figlio.
Rimane però scolpita nella mente del giovane diciassettenne l'immagine della paziente con affianco una tazza di thè che riesce a trovare sollievo in una dose di morfina.
Nel 1977 Shipman convince la commissione competente di essersi pienamente dissintossicato e di poter riprendere a pieno la professione di medico si trasferisce a Hyde nel nord dell'Inghilterra con la sua famiglia al completo
Tutto tranquillo tutto come prima, il dottor Shipman sembra aver imparato la lezione sia per quanto riguardo la droga sia per quanto riguarda i rapporti umani infatti adesso è più simpatico.
C'è però qualcosa di strano un impresa di pompe funebri nota un incremento del lavoro e molto di questo lavoro viene procurato dal dottor Shipman, un altra stranezza è che tutti i defunti vengono trovati vestiti di tutto punto spesso su una sedia con una tazza di thè vicino, invece che con una camicia come i soliti malati.
Il signor Massay della ditta di pompe funebri è preoccupato, prenota una visita con il dottore per chiarire i suoi dubbi, Harold è tranquillo fa vedere i registri dei decessi  e spiega che le morti  sono avvenute tutte per causa natural, e si rende disponibile per chiunque voglia effettuare un controllo.
Viene però informata la polizia che con discrezione indaga e scopre che le terapie del dottor Shipman concordano con quanto scritto nei suoi registri, quindi niente di strano.
Continua ad esercitare quindi la sua professione per tanti, tantissimi anni fino al 1998.
La signora Catlyn è una arzilla vecchietta di 81 anni molto conosciuta nella sua comunità, poi all'improvviso nel giugno del 1998 muore. Gli amici l'avevano trovata sdraiata sul divano vestita di tutto punto morta, allora avevano chiamato il suo medico curante, questo professionista cosi bravo e cosi gentile cosi rispettabile, il dottor Shipman.
Il dottor Shipman arriva esamina la signora e stila un rapporto di morte naturale, dice che l'aveva visitata poche ore prima e quello che successo si spiega perfettamente con le sue condizioni di salute.
La figlia Angela dopo il funerale torna a Manchester, dove riceve la telefonata preoccupata del suo procuratore, che afferma di aver una copia del testamento di sua madre, Angela aveva già visto il testamento firmato dall'anziana signora anni prima, ma quello che il procuratore gli presenta è diverso è un foglio scritto con parole povere, battute a macchina, anche male, ma soprattutto c'è una bella somma per una persona che non è di famiglia, il suo medico curante il dottor Shipman.
Si sa le signore anziane sono volubile e ci può stare che abbiano lasciato un bel po di denaro a chi gli è stato vicino negli ultimi anni, però risulta strano lo stesso e Angela va dalla polizia.
Il detective concorda con lei che tutto questo è un po strano e il passo successivo e riesumare il cadavere della signora Catlyn.
In attesa dei risultati la polizia ispeziona lo studio del dottor Shipman e trova una macchina da scrivere portatile che risulta essere usata per scrivere il falso testamento. Harold ha una spiegazione si è vero la macchina da scrivere è la sua ed è quella usata per scrivere il testamento, lui l'aveva prestata alla signora Catlyn per scrivere il testamento, però poi arrivano i risultati delle analisi. La causa della morte della signora Catlyn è stata un overdose di morfina, il dottor Shipman ammette si è vero la causa del decesso è un overdose di morfina, infatti era una tossicodipendente.
Non ci crede nessuno, la polizia inizia ad esaminare tutti i pazienti del dottor Shipman che sono deceduti, soprattutto quelli tutti vestiti seduti su una sedia e con accanto una tazza di thè.
I risultati della polizia sono sorprendenti Harold avrebbe assassinato non meno di 215 dei suoi pazienti, 171 donne e 44 uomini di età compresa dai 41 ai 93 anni dal 1978 al 1998.
Il 5 ottobre 1999 nel tribunale di Preston si apre il dibattimento al dottor Shipman, Harold non mostra alcuna collaborazione, ne suscita simpatia per il suo comportamento arrogante e superbo. L'avvocato di Harold tenta di dare una buona immagine di Harold come un medico di vecchio stampo con una famiglia felice con una moglie e quattro figli. Ma non basta il 31 gennaio del 2000 viene raggiunto un verdetto unanime Harold Shipman viene riconosciuto colpevole di 15 omicidi dei quali sono emerse prove inconfutabili e condannato al carcere a vita per 15 volte. Ciascuna delle vittime era vostro paziente dice il giudice emettendo la sentenza li avete assassinati con calma e sangue freddo per la perversione delle vostre competenze mediche e la vostra malvagità per propositi immorali giustizia impone che io esponga il mio giudizio al termine del processo la mia raccomandazione è che voi passiate la fine dei vostri giorni in carcere.


venerdì 16 ottobre 2015

Lo scambio dei fratelli di Bogotà

trad. da new york times

L INIZIO

Un sabato durante l'estate del 2013, due donne piuttosto giovani in cerca di costole di maiale per un barbecue: Janeth Páez e la sua amica Laura Vega Garzón  che ha vissuto nel nord di Bogotá. Il cugino del fidanzato di Janeth, William, un giovane ragazzo  con un accento di campagna , lavora dietro il banco di una macelleria. Janeth era sicura che lei e Laura avrebbero trovato ciò che cercavano.

Mentre Laura entrò nel negozio di alimentari,  fu sorpresa di individuare qualcuno che conosceva. '' E 'Jorge!' ', Ha detto  '' Lavora nel mio ufficio. '' Era un ragazzo ben voluto di 24 anni, che ha lavorato la progettazione di tubi per il trasporto di petrolio.

'' Oh, no, questo è William, ''  disse Janeth . William era un gran lavoratore e raramente lasciava il banco della macelleria.

' No, è Jorge - Lo conosco '', ha detto Laura. Ma lui non sorrideva di rimando, il che era strano. Pochi minuti dopo, venuto fuori da dietro il bancone  abbracciando Janeth.  Lei lo presentò a Laura come William.


Il seguente Lunedi in ufficio Laura parla con Jorge del suo incontro con il suo doppio al banco macelleria. Jorge rise e le disse che aveva un gemello, di nome Carlos, ma che non gli somigliava molto.


LA FOTO, LA VERITA'


Un mese dopo Janeth andando nell'ufficio di Laura per una possibilità di lavoro nella redazione vede Jorge, e capisce la confusione che era nata nella testa di Laura quel giorno in macelleria. I due avevano gli stessi  occhi castani. Stesso rimbalzante modo di camminare . Stesso sorriso luminoso.

Per mesi Janeth si chiese se doveva parlare a Jorge del suo doppio, e si decise il il 9 settembre 2014 quando mandò un messaggio a Laura con la foto di William per farla vedere a Jorge.

Jorge davanti la foto esclamò "Sono io" giurando fissando l'immagine.


Non riusciva a smettere di guardare il telefono di Laura.

 Si sedette con Laura in cucina, ufficio in modo da poter parlare. Forse suo padre, che non è mai stato più di un visitatore occasionale a casa loro, ha avuto un altro figlio che non ha mai menzionato. Jorge ha cominciato a sfogliare  immagini di Facebook di William, ora sul suo proprio telefono. Guardò l'immagine di William a fianco di un suo amico.

 Cliccò ancora una volta sulla foto di William . Ora che l'immagine era grande, avrebbe potuto esaminare ciò che non era riuscito a vedere. L'amico seduto accanto al suo letto aveva una faccia che Jorge conosceva meglio della sua era il volto di suo fratello gemello, Carlos.

JORGE E CARLOS

Dopo il lavoro , Jorge andò come al solito alla piccola università notturna, a guardare per tutto il tempo le immagini sul suo telefono. Dopo la lezione, ha preso un autobus per casa, dove pensava di raccontare a Carlos gli eventi della giornata.

Da piccolo Jorge era il fratello che copiava i compiti di Carlos, ora entrambi avevano presso la propria strada. Carlos ha lavorato presso uno studio commercialista durante il giorno ed è riuscito la laurearsi studiando di notte.

Mentre tornava a casa in autobus, Jorge pensava a cosa avrebbe detto esattamente a Carlos.

A casa, Jorge trovò suo fratello a telefono, come di consueto, con una donna. Jorge gli fa segno di riagganciare.

'' Smettila di infastidirmi , ''  disse Carlos . Questa era la loro dinamica.

Dopo che ebbe terminato la sua chiamata, Jorge decise di mantenere un tono scherzoso '' Cosa diresti se dico che ho un gemello ? '' Carlos non sembrava divertito.

Jorge ha provato di nuovo: '' Credi nelle telenovelas? ''

Carlos stava perdendo la pazienza. Se Jorge aveva qualcosa da dirgli, poteva farlo subito. Jorge iniziò a far scorrere sul suo pc alcune foto di William con la maglia della Colombia e altre in macelleria. Carlos rise per la strana somiglianza. Poi Jorge mostrò a Carlos il suo doppio.

A differenza di Jorge, Carlos era furioso " Chi sono? " chiese.







Jorge gli raccontò tutto quello che era successo e quello che aveva saputo da Janeth e Laura. I due sono cresciuti in una fattoria al nord della Colombia e secondo facebook sono nati anche loro alla fine del dicembre del 1988.



 Jorge ipotizzo che forse vi era stato uno scambio in ospedale - un infermiere che accidentalmente scambiato un bambino da una coppia di gemelli identici con un bambino da un altro paio. Entrambi sapevano: che se ci fosse stato accidentalmente  qualcuno posizionato nella loro famiglia, era quasi certamente Carlos.


....

articolo completo e in lingua originale 







domenica 6 settembre 2015

Ho visto morire la mia padrona

Da "Il rifugio dei cuori solitari" di Lucy Dillon




Oggi è stato un giorno triste al rifugio. Tre nuovi cani scaricati davanti al cancello: uno spaniel matto, un barboncino rognoso e un terrier con un nastro  rosso e i denti guasti. Megan li ha portati dentro, ma hanno ululato tutto il giorno per i padroni, spargendo infelicità intorno a sè  come pulci. Hanno spinto tutti a uggiolare, persino i veterani che sanno il fatto loro, qui.
Hanno leggermente scombussolato persino me.
Dot li ha tranquillizzati, però. Ha tranquillizzato migliaia di cani nella sua cucina; sa come tenerli per la collottola e dire le frasi adatte. Una bella e lunga passeggiata, un pasto sostanzioso, e si ambientano in un battibaleno. Lei piazza addirittura vecchie poltrone nei recinti in modo da ricreare l'atmosfera di casa per gli animali che un tempo dormivano sul divano. Ma ogni sera, persino in giornate come questa, quando gli altri cani hanno mangiato e si trovano nei rispettivi recinti, Dot si infila gli stivali e mi strizza l'occhio, e io trotterello fino alla porta sul retro. Dot e io ci godiamo quest'ora speciale insieme sin dai tempi in cui ero cucciolo, quando mi infilava nella tasca del suo giaccone Barbour e i suoi capelli erano neri, non grigi. Saliamo nel frutteto, dove lei fa i suoi esercizi per il braccio: lancia la pallina e io gliela riporto così può lanciarla di nuovo.
Parla, ma a sè stessa, non a me. Quando vuole rivolgersi a me, mi guarda con quegli occhi acuti, un pò simile a un collie anche lei, e io so esattamente cosa vuole che faccia. Ci capiamo senza bisogno di parole, io e Dot.
Stasera non sta parlando e non sta lanciando la pallina molto lontano. Sembra stanca. Io impiego più tempo del solito per riportargliela, per darle l'opportunità di riprendere fiato, e non le mordicchio i talloni per metterle fretta, pur fremendo dalla voglia di farlo.
Lancia la pallina ancora una volta, non molto lontano, ma mentre vado a riprenderla sento qualcosa risalire la collina e mi si drizza il pelo. Non è un cane o un essere umano, ma qualcosa di oscuro che sfreccia nell'aria serale. Come pioggia, o il panico che i cani randagi portano con sè.
Vorrei che fossimo al chiuso,accanto alla stufa Aga, sulle nostre poltrone.
Ma siamo qui fuori insieme, e il mio compito è quello di rimanere con lei.
Dot mi chiama e, mentre sto tornando indietro di corsa con la pallina, barcolla e cade a terra. Corro da lei ma il suo volto è inespressivo e mentre le sto leccando le mani e il naso per svegliarla mi accorgo che l'oscurità è vicina, adesso, tutt'intorno  noi.
Le sue palpebre tremolano e Dot guarda su, una sola volta, e vedo cosi tanto amore sul suo viso, e poi ecco che se ne è andata, scivolando via da me.
Mi stendo sulle sue gambe e ululo, un suono che non ho mai emesso prima. Ora so cosa provano gli altri cani quando piangono notte dopo notte affinchè i loro padroni li trovino, non capendo perchè sono stati lasciati soli. Io non sono mai stato un cane abbandonato, pur avendo vissuto in un rifugio per cani abbandonati. Sono sempre stato di Dot. Ma adesso mi sento perso e solo.

sabato 8 agosto 2015

I confini del confino

Da "Il taccuino di Ventotene" testi di Manlio Calegari

A Ventotene i confinati avevano licenza di movimento solo in uno spazio esiguo che comprendeva le strade del centro: Muraglione, Granili, Piazza Chiesa, Via Roma, piazza Castello, Olivi fino all'incrocio detto Madonnina e solo nell'ultimo periodo fu aperto il tratto della Via Nuova che conduce a Via Calanave. La superficie dell'isola, 2 kmq, riservato ai confinati era circa un decimo del totale. Su questo territorio, alla fine degli anni Trenta, si muovevano (durante il giorno) circa 800 confinati per una vigilanza interna allo scopo di meglio individuare eventuali contatti tra confinati e isolani.



immagine di Serena Bonadonna

Isolani, confinati, militi e poliziotti erano le tre popolazioni dell'isola che non si mescolavano né si confondevano mai. Entravano però in contatto quotidianamente. Gli isolani erano il riferimento necessario alla loro vita materiale sia che servizi, lavoro o prodotti artigianali. Rapporti non facili essendo vietata ogni relazione non connessa alla vita materiale: niente visite, conversazioni o relazioni di altro tipo.
A sorvegliare i confinati sull'isola, oltre a due motoscafi della polizia, armati e con 5 uomini di equipaggio ciascuno, da carabinieri, agenti di PS e uomini della Milizia in continuo aumento a partire dal 1930 e raggiunse attorno al 1940 il numero di 180 militi, 60 agenti di PS e 30 carabinieri oltre a un plotone di soldati della marina addetto alla vigilanza costiera.





IL CONFINATO DOVEVA:

1. darsi a stabile occupazione;

2. non allontanarsi della zona urbana delimitata dalle apposite tabelle;

3. non cambiare l'alloggio avuto assegnato e non prendere in affitto qualsiasi tipo di locale
 senza preventiva autorizzazione della direzione.

4.non ritirarsi la sera più tardi e non uscire la mattina più presto dell'orario stabilito

5.non detenere né portare armi

6.non detenere né usare apparecchi radio o di comunicazione

7.non detenere attrezzature per la riproduzione meccanica o chimica o fotografica

8. non tenere relazioni con donne a scopo di "tresca"

9.tenere buona condotta; non questionare e non dar luogo a comportamenti sospetti:

10. non frequentare osterie o pubblici esercizi;

11.non frequentare pubbliche riunioni o trattenimenti pubblici ne processioni ecclesiastiche o civili;

12.non formare assembramenti in luoghi pubblici, non tenere riunioni private o conferenze;

13. presentarsi al direttore della colonia il primo di ogni mese e rispondere ad ogni convocazione del medesimo;

14. portare sempre addosso la carta di permanenza ed esibirla ad ogni eventuale richiesta;

15.non costituire né esercitare mense fra confinati senza preventiva autorizzazione;

16. non giocare d'azzardo né partecipare a o raccolte di fondi o oggetti tra confinati;

17. non dare denaro a usura;

18. non vendere o barattare o pigionare beni o vestiario fornito dall'amministrazione;

19. non far rumore durante le ore di riposo

20. non imbrattare muri o vestiario dell'Amministrazione;

21. non discutere di politica né fare propaganda politica;

22.non scrivere o ricevere corrispondenza o pacchi di qualsiasi genere se non tramite l'amministrazione

23. non tenere presso di sé somme di denaro superiori- a giudizio insindacabile del direttore della Colonia- ai bisogni ordinari

24. presentarsi tutti i giorni al posti di Polizia in piazza Castello alle ore 13 in autunno e inverno e alle ore 11 in primavera ed estate

25. osservare tutte le prescrizioni eventualmente imposte dal direttore della Colonia.

sabato 25 luglio 2015

VI CONSIGLIO DI LEGGERE UN LIBRO SBAGLIATO: CRUM


                                                                             

                                                                                                                                                                                                                                                                                  

                  "Quando tutti gli addii 
                    sono stati pronunciati
                    voglio essere colui che se ne va
                    e sarà bello essere andati."                                                                                           
                                                                                        
                                                                    


                   "Il futuro era una nave tutta d'oro che noi                                                                                                     pregavamo ci portasse via lontano"




Ci si potrebbe chiedere in che modo un libro possa essere definito sbagliato.
Se significasse trovare pagine e pagine di ridicolissimi refusi, Crum sarebbe un libro sbagliato.
Se significasse essere accusato di diffamazione e contenuti osceni, Crum sarebbe un libro sbagliato.
Se significasse offrire una vista impietosa sulla miseria umana e concedere al pubblico la possibilità di affezionarvisi, Crum sarebbe senza dubbio un libro sbagliato.
Assodato questo, non mi rimane che raccontarvi come sia possibile che reperire un libro semisconosciuto, di una piccola casa editrice e dalle parole ortograficamente sospette sia una scelta giusta.

Potrei iniziare dicendovi che Crum è un libro scritto per tutti coloro che da sempre hanno saputo di non poter restare. E forse non vi è cosa più certa.
Quindi poco importa che il protagonista sia un orfano di nome Jesse Stone, che viva in una minuscola cittadina del West Virginia (Crum, appunto) e che ami passeggiare nei boschi o commettere azioni ai limiti del buonsenso.
Quello che invece conta è che, non appena si chiudono gli occhi, ci si ritrova per un attimo stesi in un pagliaio accanto a lui.
L'odore secco di sudore e sporcizia, l'idea di non sapere dove andare, ma di non poter rimanere, la consapevolezza di doversi buttare nel vuoto pur di essere qualcosa in più del mero, ineluttabile ripetersi di un destino vuoto.
Poiché sa che ogni uomo merita il privilegio della possibilità e l'onere della responsabilità nella propria vita, il lettore desidera intensamente che Jesse scappi.
Ma contemporaneamente qualcosa di straordinario accade.
Lee Maynard non si accontenta di mostrarci l'ennesima parabola eroica di un ragazzo dalle umili origini. Lee Maynard ci fa innamorare di quello che l'eroe sta per perdere.
In un intenso, accattivante e onesto omaggio a ciò che non può essere trattenuto, Crum mostra come sia spontaneo passare un'intera giovinezza a biasimare il luogo in cui si abita, ma quanto sia altrettanto difficile abbandonarlo.

Cosa potrebbe mai esserci di conveniente in un luogo ricco di figure che hanno rinunciato alla bellezza e alla felicità? Perché aver paura di non riuscire a lasciare quella lunga sfilata di anime spezzate e abbrutite?

Jesse non ha motivi per restare, eppure prima di andarsene trova Crum incredibilmente bella.
Così scappa in modo frettoloso, indecoroso, vigliacco.
Come Orfeo sa di non potersi voltare, perché la morte che corrode l'anima di Crum potrebbe incatenare anche lui. E perché qualcosa, qualsiasi cosa potrebbe trattenerlo.
I volti miserabili degli adulti, la noia, i boschi che hanno tenuto compagnia alla sua solitudine, gli zii, il seno di Yvonne, le mani sempre nei pantaloni di Benny, il fiume, la capanna in cui progettava la fuga, gli amici di una vita. Qualsiasi cosa.

E' il canto delle sirene, prima di ogni addio.
Ma è questo il segreto del libro: lo sentirete anche voi.



"Tutto quello che sapevo era che avevo appena tagliato un cordone ombelicale e avevo usato un coltello arrugginito per farlo."




                                         Di  Gloria Basanisi